Valter Caiumi durante la sua relazione all'Assemblea pubblica di Confindustria Emilia Centro
Valter Caiumi durante la sua relazione all'Assemblea pubblica di Confindustria Emilia Centro

Valter Caiumi: “L’economia italiana tiene e l’Emilia traina. Le multinazionali stanno portando qui i loro ordini”

Il presidente di Confindustria Emilia ha aperto l’assemblea pubblica con un cauto ottimismo: “Nonostante alcuni segnali di rallentamento, l’economia italiana tira e noi giochiamo un ruolo chiave. Le imprese emiliane sono cresciute più di tutte le altre”. E questo anche grazie al reshoring che si è concentrato nella regione. Non manca il realismo sulle sfide del periodo: dalla carenza di manodopera, all’eccessiva burocratizzazione dell’Europa

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Nonostante ci siano alcuni recenti segnali di rallentamento, se guardiamo al periodo appena trascorso dobbiamo concludere che l’economia italiana tira

Il presidente degli industriali emiliani

“Nonostante ci siano alcuni recenti segnali di rallentamento, se guardiamo al periodo appena trascorso dobbiamo concludere che l’economia italiana tira. E l’Emilia gioca un ruolo chiave”. Questo è il quadro che fornisce Valter Caiumi, presidente di Confindustria Emilia Area Centro, durante l’assemblea pubblica di oggi, che si è tenuta con duemila industriali delle aziende associate di Bologna, Ferrara e Modena a BolognaFiere. “Non ci sarà una recessione generalizzata, penso ci sarà una ricalibratura dei mercati e delle priorità. E sul versante degli investimenti non assisteremo a un blocco”, aveva anticipato in un’intervista su L’Economia del Corriere a Dario Di Vico, e in sede d’assemblea torna a offrire una prospettiva che potrebbe essere definita ‘cautamente ottimista’, in confronto a quella più cupa abitualmente offerta dalle associazioni confindustriali.

Si parla di un Pil cresciuto complessivamente di quasi l’11% in due anni,il 2021 e il 2022, in entrambi i quali è aumentato di più della media mondiale; un’economia nel quarto trimestre 2022 già dell’1,9% sopra i livelli del quarto trimestre 2019 antecedente la pandemia, molto più reattiva di quelle di Francia, Germania, Spagna e Regno Unito a riprendersi dopo i lockdown. Investimenti in macchinari e attrezzature aumentati a tassi record, sia prima sia dopo la pandemia, oggi del 40% più alti in termini reali di quelli del 2015, cioè oltre 30 punti percentuali in più della Germania. Un’Italia con un tasso di occupazione che ha toccato percentuali storiche record, oltre la soglia del 60% con un debito pubblico che è quello cresciuto percentualmente di meno in valore nel triennio 2020-2022 tra le grandi nazioni del mondo.

L’Emilia, dal canto suo, “mostra eccellenze importanti nella manifattura e si sono dimostrate un passo avanti rispetto al resto del Paese”. A testimoniarlo, secondo Caiumi, il fatturato medio e il numero di dipendenti medi delle imprese emiliane che superano la media nazionale; il fatto che per oltre il 50% si tratta di aziende esportatrici, con un’incidenza dell’export sul totale del fatturato pari al 36%; e che il 32,6% delle imprese ha ottenuto il punteggio massimo per il livello di innovazione raggiunto. Oltre al fatto che negli ultimi anni c’è stato un rafforzamento dei bilanci delle aziende del territorio, in particolare delle PMI emiliane, che hanno progressivamente ridotto la dipendenza dal credito bancario e aumentato la diversificazione delle fonti finanziarie e del livello di patrimonializzazione.

Questo anche grazie alla dinamica di reshoring di cui molto si è parlato nell’ultimo anno, a seguito delle tensioni delle catene di fornitura per le continue crisi globali – dal Covid alla guerra –. “La regionalizzazione delle catene globali del valore, costituisce un’occasione da cogliere per la crescita dell’Emilia manifatturiera. Diverse imprese multinazionali infatti stanno spostando o duplicando la propria rete di subfornitura dal continente asiatico all’Europa. Ne risulta che il sistema emiliano di piccole e medie imprese, la spina dorsale del sistema produttivo nazionale sopravvissuta alla crisi finanziaria ed alla pandemia, ha beneficiato nell’ultimo anno di un crescente volume di ordini internazionali. Oggi in Emilia in alcuni comparti, come il fashion, sono i fornitori a decidere se accettare o meno un ordine, perché le capacità produttive sono a pieno regime”.

Non mancano, ovviamente, in un periodo comunque caratterizzato da una forte incertezza, alcune dinamiche potenzialmente rischiose per le imprese, a partire dall’effetto sull’export italiano delle politiche di spesa pubblica messe in atto dai policy maker di diverse aree geografiche, come l’Inflation Reduction Act americano che ha stanziato 370 miliardi di dollari a favore di imprese che investiranno nella produzione made in USA. Oppure, secondo Caiumi, “l’approccio sempre più burocratico, celato da norme, regolamenti e pareri che, così come impostati oggi, danneggerebbero fortemente l’intero sistema manifatturiero europeo. Dalla norma sul riuso per gli imballaggi, alla direttiva per l’omologazione dei macchinari, all’estensione più in generale di norme a tappeto sul mondo delle imprese, a prescindere dalla dimensione delle stesse”. Un altro aspetto che può costituire fattore di freno alla crescita della più importante area manifatturiera d’Italia è quello della forza lavoro qualificata, che le aziende stentano a trovare. E infine, spiega il presidente, “l’attuale scenario, caratterizzato dal ripido incremento dei tassi di interesse e dall’impennata del costo del credito, accentua le tensioni finanziarie delle imprese e ci richiama a ridare slancio alle iniziative dedicate a favorire l’accesso a fonti finanziarie alternative”.

“Se il Paese ha fatto bene e noi abbiamo fatto meglio della media del Paese, possiamo responsabilmente dare un significato concreto allo slogan di essere locomotiva distintiva dell’Italia”, ha concluso.

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